La professoressa di italiano, porca, che turbò la mia adolescenza
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Le superiori. La mia giovinezza. Quella voglia di vivere, scoprire il mondo. Poterne assaporare ogni suo aspetto, stupirsi davanti alla magnificenza e ai primi scogli che la vita impone. Le superiori, inevitabilmente, rappresentano il periodo in cui un ragazzo vive le prime esplosioni ormonali e vorrebbe sperimentare le gioie del sesso, anche se un bacio con la lingua rappresenta un traguardo di tutto rispetto.
Per placare le mie voglie, non lo nego, mi masturbavo frequentemente. Forse troppo. Se corrispondesse a realtà quanto predicano i sacerdoti, oggi, con ogni probabilità, sarei un non vedente. Ma così, grazie al cielo, non è. Nonostante la mia attività masturbativa fosse particolarmente effervescente: almeno due volte al giorno, come minimo, mi dedicavo a questo esercizio.
Quello sguardo e quel corpo morbidamente seducente
Pensavo a tante ragazze della mia età. Non posso negare, tuttavia, che ero fortemente attratto dalle trentenni. Per me, giovane adolescente alle prese con i primi forti desideri sessuali, rappresentavano una sorta di porto sicuro, in grado di infondere quella esperienza e serenità che, oggettivamente, mancavano totalmente. Ero quasi terrorizzato di non essere all’altezza della situazione qualora una mia coetanea mi avesse chiesto di farlo.
A quell’epoca, Internet non esisteva ancora e non era possibile visitare siti come Sexomania.it. Si viaggiava con la fantasia, salvo quelle rare volte in cui, dopo una lunga ed interminabile opera di convincimento con l’edicolante sotto casa, si poteva guardare qualche immagine “hot” acquistando un giornale porno. Viaggi mentali in cui tutto era possibile: qualsiasi donna, dalla vicina di casa alla soubrette più famosa, cedeva senza remore al mio fascino.
Una donna, più di altre, ha animato i miei sogni: la professoressa di italiano. Aveva circa 35 anni, altezza media ed uno sguardo da lasciare senza parole: quando mi interrogava, anche nei casi in cui ero estremamente preparato, proferire parola era tutt’altro che semplice. Era dolce ma austera al tempo stesso. Sapeva dosare sapientemente il bastone e la carota.
Ed era, come direbbero a Roma e dintorni, bona. Bona da morire. Al suo sguardo magnetico, occhi neri profondi ed intensi, accompagnava un corpo morbido ma non abbondante. A quell’età, oltretutto, una bella quarta di seno fa perdere facilmente il senno. Tutti noi maschietti eravamo letteralmente innamorati di lei, non poteva essere altrimenti. Ed era questo il motivo per cui non era altrettanto amata dalle nostre compagne di classe.
Gli strani scherzi della vita
L’invidia, d’altronde, è una brutta “bestia”. E crescendo, l’ho capito ampiamente in tutti gli ambiti della vita. Ora, a 35 anni, sono diventato un affermato professionista. Tra qualche mese aprirò uno studio legale associato con un mio ex collega d’università. In tutti questi anni, però, sono stato un legale di punta del più noto e prestigioso avvocato della mia città, dove mi sono stati affidati gli incarichi più complessi o i clienti più importanti.
La vita, spesso, fa degli strani scherzi. Ed è proprio grazie al mio lavoro che, a distanza di 17 anni, ebbi modo di incontrarla nuovamente. La professoressa d’italiano aveva deciso di affidarsi allo studio legale dove lavoravo per separarsi da suo marito, noto imprenditore della zona, che l’aveva tradita con una giovane cubana conosciuta in un Disco Club.
Erano passati più di tre lustri. Ma il suo sguardo era sempre quello di un tempo. Anche il fisico, nonostante la cinquantina ormai superata, era ancora tonico e stuzzicante. E quelle tette, poi, erano invitanti come ai tempi della mia gioventù. Lei non mi riconobbe: il mio corpo era notevolmente cambiato, il mio nome e cognome sono largamente diffusi.
Quel suo modo di provocare mi mandò letteralmente in tilt
Non pensò minimamente che fossi un suo ex studente, lo stesso che balbettava davanti alla sua prorompente bellezza. In quel momento era particolarmente predisposta al tradimento. Mi confidò che dopo trent’anni di fedeltà assoluta, scoperto il tradimento aveva deciso di godersi la vita. Entrammo in confidenza, sempre dandosi rigorosamente del “lei”.
Mi raccontò le sue avventure, mi provoca erezioni ben visibili, non di rado, nonostante indossassi i pantaloni. Più proseguiva il rapporto professionale, più si insinuava, come un tarlo, il dubbio che mi stesse provocando, che volesse allentare la cintura dei miei pantaloni per assaporare il gusto del mio strumento di piacere.
Finché una sera, dopo l’ennesimo aperitivo, decise di giocare a carte scoperte. Non potevo fare io la prima mossa. Gli insegnamenti del mio datore di lavoro erano chiari: mai avere alcun tipo di rapporto amoroso con una cliente. Ma in questo caso, il sogno di una vita, scoparsi la mia professoressa di italiano delle superiori, si stava realizzando. E non accettare, avrebbe creato troppo rimpianti.
Professoressa da dieci e lode nell’orale
Già nel tragitto verso casa non faceva altro che provocare, arrivando, a più riprese, a sfiorare il mio pacco. Ardeva dalla voglia di scopare. E appena arrivati a casa iniziammo a limonare duramente, con una passionalità immensa e coinvolgente. Me lo prese in bocca con voluttuosità e maestria, il miglior pompino della mia vita. Poi si spogliò e mi ritrovai dinanzi a quel seno che aveva turbato la mia adolescenza.
Le leccai i capezzoli, accompagnandoli con dei morsetti che vedevo non disdegnava affatto. La sua vagina era un torrente in piena. Era bagnatissima, desiderosa di essere penetrata come se non ci fosse un domani. Il mio cazzo era duro, turgido, smanioso di vedere realizzato un sogno di quasi vent’anni. Glielo diedi ovunque, non ne aveva mai abbastanza.
Tre ore di sesso selvaggio, interminabile, dove nessuno voleva cedere. Ma alla fine, fisicamente provato dopo quattro amplessi, il mio membro chiese tregua. E lei, nonostante non fosse ancora sazia, gliela concesse. A quel punto svelai la mia identità. La profe, come se nulla fosse, mi guardò, abbozzò un sorriso e mi disse:”bene, non vedo l’ora di scoparti un’altra volta”.
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